Grosso Giacomo
Nono degli undici figli del falegname cambianese Guglielmo Grosso e di Giovanna Vidotti, dopo aver abbandonato gli studi al seminario di Giaveno si diplomò all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, divenendone professore di pittura nel 1889.
La sua tecnica accademica e il suo conservatorismo stilistico gli garantirono un grande successo presso la clientela aristocratica e dell’alta borghesia, e gli fecero ottenere numerosi premi e riconoscimenti.
Espose in tutta Europa, frequentò spesso Parigi e nel 1908 fu a Buenos Aires con l’allievo Carlo Gaudina per realizzare un ciclo di decorazioni.
Una sua mostra personale con oltre cinquanta opere fu presentata da Leonardo Bistolfi alla Galleria Pesaro di Milano nel 1926.
Fu nominato senatore del Regno il 2 marzo 1929.
Visse a Torino dove si sposò ed ebbe due figli.
Eseguì ritratti dei reali, di Benedetto XV, di Giovanni Agnelli, di Toscanini e di Puccini e indulse spesso a soggetti di nudi di un erotismo di dubbio gusto, così da essere accusato di immoralità.
Celebre fu la polemica provocata alla prima Biennale di Venezia del 1895 dal suo dipinto Supremo convegno: nell’interno di una chiesa, intorno alla bara aperta di Don Giovanni, il Grosso rappresentò un gruppo di donne nude, provocando la condanna del patriarca di Venezia, Giuseppe Sarto, il futuro Pio X, ma anche la difesa dello scrittore Fogazzaro.
Il dipinto andò poi distrutto in un incendio sviluppatosi nella nave che lo trasportava in un’esposizione degli Stati Uniti.
Anche la Nuda, dipinta l’anno dopo, conferma il gusto della sua ispirazione pompier e la sua chiusura provinciale alla moderna pittura che si affermava in Europa: del resto, il Grosso amava dire di essere « solo un pittore », definendo ironicamente « artisti » quei suoi colleghi che rifiutavano i clichés dell’estenuata tradizione accademica.
Tutte le immagini sono a scopo illustrativo